DIFFICOLTÀ COMPLESSIVA: E
DURATA: 7.20 h – DISTANZA: 16 km – DSL: 1133 m D+
DATA: 11 ottobre 2021
PREMESSE
Oggi decidiamo di esplorare le pendici del versante orientale del Col Toront; quelle impervie pareti che da quando sono piccolo osservo mentre percorro in auto il viadotto autostradale che traversa la valle incuneata tra il Cansiglio e la dorsale del Nevegal. È un itinerario certamente poco frequentato (non abbiamo incrociato nessuno per tutta la durata della giornata, ed era una splendida giornata di sole!), selvaggio e di medio impegno. Il fatto che ci si trovi sulle Prealpi trevigiane, a poca distanza dai paesi valligiani, non deve però indurre a sottovalutare l’impegno dell’itinerario. La traccia che collega il Troi de le Lisse con il Troi de Medo presenta infatti alcuni tratti un po’ impervi e moderatamente esposti. Il terreno è infido, spesso caratterizzato da foglie e fango che richiedono particolare attenzione nella progressione. Tutto l’itinerario è segnalato da bolli rossi e, talvolta, da fettuccine rosse affisse sugli alberi. Spesso, peraltro, è capitato di perdere la via nella progressione lungo il raccordo tra il Troi de le Lisse e il Troi de Medo che, probabilmente a causa della scarsa percorrenza, presenta una traccia poco evidente. Lungo il medesimo raccordo, si affrontano una trentina di metri attrezzati con fune d’acciaio che, peraltro, non presentano alcuna difficoltà tecnica. Come di consueto, compagno d’avventura è il fedele amico Paolo.
RELAZIONE DELL’ITINERARIO
Lasciata l’auto nei pressi del parcheggio del bar di Sella di Fadalto, 487 m, si traversa la strada e si imbocca la strada asfaltata che sale leggermente sulla sinistra, segnata come sentiero E7. Si giunge in breve nel piccolo borgo di Caloniche di sotto, 512 m, e, traversatolo lunga la “via” principale, si prende il sentiero 1045, avendo cura di abbandonarlo dopo poche decine di metri, per imboccare sulla destra quello che sulla cartografia appare come un sentiero tratteggiato nero. Questo è appunto il Troi de le Lisse, meglio noto anche come Troi dei boce o Troi de Tosàt, in quanto i bambini di Caloniche e di Collon lo percorrevano reciprocamente per venirsi ad incontrare e, secondo le testimonianze raccolte da Giovanni Carraro, per piantarvi alberi (I sentieri nascosti delle Prealpi trevigiane, pag. 229) (fig. 1).
Il sentiero traversa la Croda Longa in leggera salita, quasi impercettibile, penetrando nella fitta vegetazione. Superiamo sulla destra alcune piccole pareti, ove un tempo i pastori dovevano probabilmente trovare riparo negli anfratti rocciosi (fig. 2), nonché qualche curioso passaggio aereo tra grovigli di solide radici (fig. 3).
La vegetazione diventa ora più rada e, improvvisamente, ci troviamo dentro un’ampia vallata rocciosa, selvaggia, coperta da detrito franoso, meglio nota come Gravòn del Verdilòn (fig. 4). La sorpresa è però più grande quando quando ci tagliano la strada una ventina di mufloni (fig. 5). A posteriori, scopriamo che le pendici del Col Visentin e la zona di Miane ospitano ormai da diversi anni questa famiglia di mufloni!
Ritrovata la traccia perduta, il sentiero entra nuovamente nella fitta vegetazione. Si supera ora un vecchio cavo d’acciaio di teleferica (fig. 6) e si giunge in breve alla deviazione, segnata chiaramente con cartello “Strapeze e Pra de Larghet” (fig. 7), per imboccare il sentiero che la cartografia indicata come puntinato nero e che mette in connessione il Troi de le Lisse con il Troi de Medo.
Ora inizia la salita vera e propria. La traccia è ben segnata ma, talvolta, la vegetazione è troppo fitta e perdiamo la via, per poi ritrovarla a breve. Si rimonta il pendio della montagna, entrando ed uscendo dal bosco, muovendo in direzione NE (fig. 8), per poi salire più ripidamente a serpentine e traversare nuovamente verso O.
Si giunge ora in un punto chiave dell’itinerario. È presente un cartello con deviazione che inviterebbe a salire verso N lungo una traccia che si innesta nella traccia principale. Questo “sentiero” non è pero riportato sulla cartografia. Più o meno in corrispondenza di questa intersezione, il sentiero su cui procediamo pare interrotto; vi sono infatti due rami posti a mo’ di croce, con una pietra sopra. Sembrerebbe troppo perfetto per esser naturale… Non sapendo dove conduce l’intersezione, tuttavia, noi decidiamo di procedere per il sentiero probabilmente chiuso. I bolli rossi, effettivamente, sembrano ora più risalenti, e la traccia diventa molto più tenue. Finiamo per perderla definitivamente e procediamo intuendo la via più agevole e determinando la nostra posizione grazie al GPS. Ci facciamo breccia dentro una vegetazione sempre più fitta e rigogliosa, sino a sbucare in un’affascinante pianoro chiuso da ripide pareti verticali (fig. 9).
Si tratta ora di rimontare lo sperone roccioso di destra, individuano una debole traccia che risale una breve e ripida conca boschiva. Il terreno è fangoso e, scivolando, prendo una botta allucinante sul ginocchio destro, che mi toglie il fiato per almeno un paio di minuti. Mi riprendo su una radura prativa sulla destra della conca, giusto per verificare che la rotula sia ancora lì… e così è… anche questa volta, abbiamo fregato l’elicottero 😉 Riprendiamo quindi la traccia, che ora taglia la ripida conca, e ci portiamo sul pulpito erboso dello sperone roccioso, dove vediamo chiaramente un cavo d’acciaio collocato sulla parte. Appena mi avvicino al cavo, ecco una piccola vipera che se la svigna… questi ultimi quindici minuti promettono bene… Procediamo quindi con cautela, svolgendo un traverso di una trentina di metri, dapprima su tratto esposto e, poi, su ripido pendio (fig. 10, 11 e 12).
Terminato il tratto attrezzato, la traccia sale lungo una nuova ripida conca boschiva su insicuro terreno fangoso e sassoso, quasi un canalone (fig. 13), per poi ripiegare nettamente sulla sinistra, in direzione O, traversando il bosco.
Si esce ora nuovamente dal bosco e ci si trova in un’ampia radura che sale dolcemente fino a delle piccole paretine rocciose. Qui il sentiero si inerpica sulla destra del colatoio franoso, in mezzo al bosco, anche se la vegetazione è troppo florida per permetterci di seguirlo con precisione. Procediamo quindi a naso, in salita, avendo cura di lasciare sulla sinistra lo sperone roccioso di cui in foto (fig. 14).
A questo punto, si finisce per intravedere un paio di pali di legno con alcuni segnali dipinti di rosso affissi. Non è così scontato se l’erba è alta fino al bacino, come nel caso di specie. Ad ogni modo, risaliti lungo il bosco per una ventina di metri, si tratta di traversare a sinistra per altra decina di metri, fino ad intersecare uno stretto canale detritico. Risalendolo, si arriva ad intersecare il Troi de Medo, sentiero n. 985, e lo si imbocca a destra, direzione N.
Di lì a breve, il sentiero diviene ben evidente, spesso falciato accuratamente. Si traversa quindi in direzione NE, con panorama mozzafiato sulle Prealpi e sul Lago Morto, ai piedi delle pendici che stiamo percorrendo (fig. 16 e 17). Unica nota dolente: non riusciamo a non sentire i continui rombi delle moto che transitano sul viadotto autostradale sottostante 🙁
Superati i ruderi di Casera dei Grass e Casera Tombaril, il sentiero 985 comincia a perdere quota fino ad immettersi nel Troj delle Casere. Qui, poco prima di imbatterci in una vecchia strada sterrata abbandonata, superiamo un paio di larghi impluvi detritici senza alcuna difficoltà (fig. 18).
Percorrendo la vecchia strada abbandonata, superiamo in breve gli orti dell’abitato di Caloniche di Sopra e ritroviamo la strada asfaltata che ci porta al parcheggio di Sella di Fadalto.
Per un ulteriore approfondimento, non si può mancare di leggere anche la relazione dell’itinerario scritta dall’amico Paolo sul suo ricco blog di itinerari in montagna!