PREMESSE
Siamo a metà ottobre. A Cortina, ieri notte, la temperatura è scesa a 4°C. È quindi finita la stagione delle esplorazioni in alta quota; pur non essendoci che pochi centimetri di neve, le cenge esposte a nord rischiano di essere coperte da lastre di ghiaccio ed il fondo ghiaioso dei pendii inclinati può risultare compatto come il cemento. È tuttavia un autunno straordinariamente mite – come il precedente – e, sotto i 2500m, il terreno si presenta ancora tipicamente estivo. È questo il momento migliore per dedicarsi a veloci esplorazioni non troppo impegnative. La prima che mi viene in mente è l’esplorazione dei Campanili di Val Popena Alta. Chi, salendo il Cristallino di Misurina per la val de le Barache, non è stato attratto da quella singolare formazione rocciosa a forma di cuore, collocata su una cresta che si diparte da Punta Michele? Io e Paolo sicuramente, in occasione dell’esplorazione di Forcella Michele (vedi l’itinerario). Ora, il cuore roccioso che, osservato dalle pendici del Cristallino, sembra poggiare in bilico sul fil di cresta, ha in verità un nome… è il Campanile Dibona, così nominato in quanto l’ardito Maestro Angelo Dibona lo scalò per la prima volta nel 1906. Al suo fianco, un dente roccioso isolato separa il Campanile Dibona da un massiccio sperone roccioso che conchiude la val de le Barache, meglio noto come “Guglia di Val Popena Alta”. Sono queste guglie la nostra meta odierna. Non, però, accedendo dalla val de le Barache ma dal versante sud, alla testata della val Popena Alta, da un circo di ghiaie alle pendici della massiccia dei Campanili di Popena e delle pareti del Piz Popena. Tale soluzione era stata già descritta nel 1925 da Ugo di Vallepiana, nel suo “Dolomiti di Cortina d’Ampezzo dal Cristallo per le Tofane alla Croda da Lago”. Non abbiamo tuttavia rinvenuto alcuna traccia di passaggio umano, probabilmente anche a dimostrazione del fatto che l’avvicinamento al Campanile Dibona, nota meta di scalata, si svolge prevalentemente dalla val de le Barache.
RELAZIONE DELL’ITINERARIO
Lasciata l’auto poco dopo il Passo Tre Croci, nei pressi di una vecchia casa cantoniera, là dove il Rio de Pòusa Marza incrocia la strada statale, si imbocca il sentiero n. 224, che inizia come comoda mulattiera, a tratti asfaltata. Si guadagna quota e, nei pressi di una curva della mulattiera, la si abbandona, piegando verso O ed entrando tra i mughi su distinta traccia di sentiero. Il sentiero prosegue sino alle pendici della Pòusa Marza, sempre verso O, fino a che, a quota 1936m, una traccia si stacca puntando diritta verso le rocce; tale traccia consente di montare sul sentiero n. 222, pochi metri più a monte. Ora, il sentiero si inerpica verso NNE sui c.d. Tàche (tacchi), una serie di prominenze che costituiscono un costone prativo degradante su ripide pareti rocciose affacciate sulla Pòusa Marza. Si giunge quindi ai piedi della parete rocciosa del Corno d’Angolo e, di lì a breve, si incontra il profondo impluvio detritico proveniente da Forcella Popena. Le pareti del canale sono tuttavia ben solcate da una traccia e l’attraversamento risulta agevole (fig. 1).
Superato l’impluvio, il sentiero sale fino alle rocce sovrastanti, dove un recente intervento ha permesso di posare un sistema di scalette e passerelle di legno che consentono di giungere agevolmente in Forcella Popena, 2214m.
In forcella, ci accolgono i ruderi del Rifugio Popena, costruito da Lino Conti ed aperto nel 1937 (fig. 3), purtroppo destinato ad un drammatico epilogo. Se già, infatti, la seconda guerra mondiale mise a dura prova l’attività ricettiva del rifugio, nel 1948 alcuni delinquenti vi entrarono nella stagione invernale e, dopo averlo saccheggiato, lo misero a fuoco. Rimangono oggi poche macerie (fig. 4).
Si segue ora il sentiero n. 222, scendendo verso la testata della Val Popena Alta, abbandonandolo dopo pochi metri per imboccare una nitidissima traccia che costeggia le pendici dei Campanili di Popena. Il punto d’arrivo, indicativamente, è un enorme blocco roccioso fessurato, che prende le sembianze di una “V”. Da qui, si risale faticosamente per pendii prativi, obliquando senza traccia obbligata verso i Campanili di Val Popena Alta (fig. 5 e 6).
Si traversa quindi agevolmente un largo impluvio detritico e si risale su ancor più ripido pendio, mirando ad un evidente canalone detritico e preferendo ai tratti rocciosi le ultime chiazze erbose (fig. 8).
Terminate le chiazze erbose, si entra nel canalone (fig. 9), tenendosi sulla sinistra (destra orografica) del medesimo (fig. 10), e lo si risale senza particolari difficoltà, sino a giungere su una sella (fig. 11) che congiunge la parte apicale dei due affioramenti rocciosi entro cui si apre il canalone.
Si segue ora il crinale della sella, puntando verso O, imboccando un nuovo canale che conduce sulla sinistra del Campanile Dibona (fig. 11). Ora, le Guglie di Val Popena Alta si affermano, imponenti, sul versante meridionale (fig. 12). Caratteristico appare il dente isolato che separa il Campanile Dibona dal Campanile di Val Popena Alta.
Praticando un po’ di divertente scrambling (fig. 13 e 14), si supera il canale e si giunge su una strettissima forcellina che separa il Campanile Dibona dagli affioramenti rocciosi di Punta Michele. Ai piedi del Campanile Dibona, un minuscolo terrazzino con muretto a secco si affaccia sull’ombroso versante N. La discesa dalla forcellina sulle ghiaie apicali è breve in termini di distanze ma non mi pare troppo agevole; consiste in tre piccoli salti di roccia caratterizzati però da fondo friabilissimo e marcio. Ugo di Vallepiana, nel 1925, la semplificava nei seguenti termini: «traversare un colletto aprentesi fra il Campanile di Dibona e la Punta Michele e scendere sul versante N. per la friabile gola e contornare il Campanile Dibona». Con più cauto approccio, preferisco salire ulteriormente lungo la dorsale che si dirama da punta Michele, alla ricerca di un più comodo e sicuro passaggio. Si percorre, pertanto, un’agibile e breve cengetta che aggira uno sperone roccioso e si sale di circa una decina di metri, su facili roccette, fino ad incontrare un’ulteriore forcellina (fig. 15). Ora la discesa appare decisamente più facile e sicura, priva di alcun salto di roccia.
La seconda forcellina è collocata a 2455m. La giornata è incantevole, il cielo è blu ed il sole in quota scotta ancora come in una giornata estiva. Non possiamo che esitare, contemplando il panorama circostante e crogiolandoci in questo remoto angolo del gruppo del Cristallo.
Un ultimo saluto al sole, che per un po’ non vedremo più, e giù sul versante N del Campanile Dibona! La discesa lungo il canalino detritico non presenta particolari difficoltà ma è pur sempre una discesa su terreno totalmente marcio e fuori traccia; pertanto, richiede un minimo di cautela (fig. 18).
Superati i primi metri a valle del canalino, ci si deve mantenere pressoché a ridosso della parete del Campanile Dibona (fig. 19), traversandone le pendici e tenendo nettamente la destra, entrando a stretto giro in un’area di grandi massi e sfasciumi (fig. 20). Superata quest’ultima sezione, continuando in diagonale verso destra, si entra dentro il ghiaione alle pendici del Campanile di Val Popena Alta. Qui il terreno diventa molto più morbido e, stringendo un po’ i denti, è possibile correrlo sciando fino a quasi intersecare il sentiero che taglia la Val de le Barache (fig. 21 e 22).
Giunti alla base della Val de le Barache, il gioco è fatto! Un ultimo sguardo all’immensa valle appena traversata, immaginandola esattamente un secolo fa, a soli quattro anni dalla fine della guerra. Doveva apparire colma di rifugi e baraccamenti, scatolame e teleferiche, essendo stata un’importante base logistica dell’esercito italiano per l’intera durata del conflitto. Scendiamo quindi per il sentiero n. 222a, fino a trovare il bivio per il sentiero n. 224 che ci fa rimontare il costone boschivo occidentale delle Pale di Misurina. Giunti sulla dorsale, un magnifico panorama si apre sulla vallata sottostante, e subito riconosciamo il lago di Misurina, nostra meta. Da qui a malga Misurina il percorso è breve e piacevole, sempre in discesa.
La lettura della relazione di Paolo, non potrà che arricchire di dettagli e particolari quanto finora esposto! Grazie mille inoltre a Paolo, come sempre, per aver montato il video dell’avventura!