(con apertura di nuova via in discesa!)
PREMESSE
Come ormai molte delle avventure Windchili, anche questa scaturisce da un precedente tentativo incompiuto dell’amico Riccardo di congiungere, in discesa, la Val della Fontana di Sigismondo con la Val Fonda transitando per Forcella del Rauhkofel. Siamo nel gruppo del Cristallo, versante orografico sinistro del rio Val Fonda, ambiente inviolato ed estremamente selvaggio, già in più di un’occasione meta d’esplorazione (vedi l’esplorazione del ghiacciaio del Cristallo e la discesa in Val Fonda da Forcella Michele). Informazioni su questo itinerario sono davvero scarne, come di consueto d’altro canto. La seguente è la terza relazione mai pubblicata della discesa in Val Fonda dal Monte Rauhkofel. La prima fu pubblicata da Theodor Wundt nel 1893, primo uomo a compiere la discesa sul versante est dalla cima del Rauhkofel ma non primo, invece, a compierne la salita. La prima ascensione del Rauhkofel, infatti, è datata 1883 e porta la firma W. Eckerth. Questi, tuttavia, non s’azzardò a scendere in Val Fonda, ritenendo che «dovunque avessimo tentato la discesa, saremmo sempre finiti sulle pareti compatte e verticali della Val Fonda, per le quali è assolutamente impossibile scendere». (W. Eckerth, Il gruppo del monte Cristallo – 1891, La Cooperativa di Cortina, 1989, pag. 102). Così impossibile non dev’essere sembrato a Wundt dodici anni dopo! Wundt, peraltro, scelse una traiettoria differente rispetto alla linea da noi studiata per quest’avventura, più diretta e più a N, calandosi direttamente dalla cima del monte Rauhkofel. Ecco le sue parole, corredate dalla celebre fotografia (fig. 1):
«Arrivando dall’alto su roccia molto friabile, avevamo raggiunto una cengia le cui rocce scivolose non potevano essere superate direttamente. Qui è stato necessario scendere in corda doppia. La fune è stata fatta girare intorno a un masso a questo scopo, e uno alla volta ci siamo imbragati ad essa e ci siamo tirati giù. (…) Il resto della discesa è stato facile, ma la passeggiata attraverso la Val Fonda è stata ancora più confortevole».
Vanderungen in den Ampezzaner Dolomiten, Deutsche Verlags-Anstalt, 1895, pag. 66
Successivamente a Wundt, si deve pazientemente attendere la penna di Marco di Tommaso, Cristina Bacci e Angelo Zangrando che, a distanza di 110 anni, descrivono la discesa del Rauhkofel nel libro “Avventure nelle Dolomiti Orientali” (Tamari Montagna Edizioni, 2005, pag. 74). In merito, gli autori scrivevano che l’itinerario è «quasi totalmente non segnalato su terreno impervio, destinato ad escursionisti esperti». Noi oggi abbiamo preferito una traiettoria più meridionale di quella identificata da Wundt, e solo per il primo tratto aderente a quella scelta da Di Tommaso e dai suoi compagni; il nostro percorso pertanto, parrebbe risultare assolutamente inedito. Non possiamo tuttavia dare per certo che l’odierna spedizione sia stata la prima a calcare tale traiettoria. Fin dai primi mesi di ostilità della prima guerra mondiale, infatti, il Monte Rauhkofel era «saldamente presidiato dagli austriaci, che occupavano con notevoli forze il rovescio delle forcellette di cresta». (A. Berti, 1915-1917, Guerra in Cadore e in Ampezzo, Mursia, pag. 104). Non minore importanza strategica, peraltro, rivestivano tali postazioni per gli italiani; dal Rauhkofel, infatti, il comando italiano temeva potessero essere sferrati fatali attacchi alle truppe che dal Ponte della Marogna avessero dovuto spingersi a Carbonin. Per tale ragione «violenti attacchi italiani, sferrati nell’autunno 1915 (11-12 settembre; 21-2 ottobre), nel corso di azioni di più ampio raggio, si erano infranti come ondate contro uno scoglio alla base del monte» (A. Berti, Id.). Non è quindi da escludere che qualche ardimentoso soldato, italiano o austriaco, abbia già faticosamente percorso la nostre odierna traiettoria! Un’ultima nota storica: le carte riportano spesso la dicitura “Rauchkofel – Monte del Fumo”. La cima, invero, si chiama “Rauhkofel – Monte Scabro”. La trasformazione toponomastica è ascrivibile ad un errore degli interpreti italiani che mutarono il tedesco “rau” (ruvido, scabro) con “rauch” (fumo).
La squadra per l’avventura esplorativa di oggi è composta da Paolo, Riccardo ed Edoardo (oltre, ovviamente, al sottoscritto!).
RELAZIONE DELL’ITINERARIO
Lasciata l’auto nei pressi di Carbonin, una mulattiera si innesta, a quota 1457, sulla passeggiata della ferrovia. La si imbocca e, dopo un breve tratto nel bosco, ci si addentra sulle ghiaie della Val della Fontana di Sigismondo, risalendo la valle su chiara traccia, dapprima sul versante orografico sinistro e, poi, su quello destro (fig. 2 e 3).
L’incedere è agevole fino all’attraversamento di un ripido impluvio che segna il termine della traccia (fig. 4). Ci si porta quindi sul greto e, senza via obbligata, si raggiunge in breve la parte apicale della Val della Fontana di Sigismondo, là dove i baranci lasciano il passo alle scomode ghiaie franate dal Rauhkofel e dalla Costabella (fig. 5).
La Forcella del Rauhkofel è ormai sempre più vicina; un ultimo ripido tratto di ghiaie (fig. 6) ed iniziamo ad avvistare i resti dei baraccamenti austriaci della prima guerra mondiale (fig. 7); già da metà settembre 1915, infatti, gli austriaci avevano occupato la sella, nel timore che i reparti italiani potessero inoltrarsi dentro la Valle della Fontana di Sigismondo e, da lì, cogliere alle spalle i presidi austriaci. Impressionante è la quantità di scatolame arrugginito ed ossa di ungulati (probabilmente cervi, viste le dimensioni!!!) (fig. 8), fortunato pasto dei soldati che qui sostarono.
Giunti in Forcella del Rauhkofel, 2250m, la vista è spettacolare. Da una forcelletta pochi metri prima della Forcella, sulla cresta rocciosa, si può ammirare verso N la cima del Rauhkofel, 2358m (fig. 9). Dalla Forcella del Rauhkofel, verso S, si profila maestoso il ghiacciaio del Cristallo, sovrastato dalle cime del Cristallo e del Piz Popena (fig. 10 e 11).
Inizia ora la parte più esplorativa e delicata dell’itinerario. Si valica la Forcella del Rauhkofel verso S e si scende, piuttosto agevolmente, tra innumerevoli resti di filo spinato, fino al verde pendio prativo; un vero e proprio giardino pensile rigoglioso, aereo, contornato da profondi precipizi (fig. 12 e 13).
Si scende quindi fino ai margini più bassi del prato, tenendo la sinistra, fino ad imboccare un ripido canale che scende verso E (fig. 14). Si inizia ora la discesa su terreno abbastanza solido (fig. 15); la roccia, infatti, è spesso levigata dall’acqua e la progressione in disarrampicata risulta gradevole e semplice (fig. 16) sino a che, nei pressi di una strettoia, ci troviamo di fronte ad un bel salto di circa una decina di metri (fig. 17). L’itinerario sino a qui svolto parrebbe ricalcare la linea scelta da Marco Di Tommaso e dai suoi compagni:
«Valicata verso sud la Forcella Rauhkofel, si scende nel versante opposto, seguendo una traccia di sentiero che, con numerosi zig-zag, solca il pendio erboso sotto il suddetto intaglio. Presso l’imbocco di un canale erboso, il sentiero scompare. Si scende per questo e, quando non è più possibile proseguire, si traversa verso destra su cengette (I) e si entra in uno parallelo».
A differenza di Di Tommaso, però, noi preferiamo una discesa più diretta e scegliamo di continuare nel canale.
Iniziamo quindi ad allestire una sosta con cordino dentro una rientranza della parete e friend di supporto su compattissima roccia (fig. 18) e ci caliamo, superando il ripido salto. Apro io, segue Riccardo e chiude Edoardo (fig. 19 e 20). Da notare che, nei pressi della base del salto, fuoriesce dalla roccia una timido rigolo d’acqua sufficiente, con estrema pazienza, a riempire una borraccia!
Giunti alla base del salto di roccia, assecondando il pendio che degrada verso sinistra, troviamo un nuovo salto, meno marcato ma comunque esposto, e lo aggiriamo sulla destra, scendendo per ripidi mughi. Si entra ora in un curioso antro (fig. 21), particolarmente marcio, dove si effettuano un paio di passaggi delicati: un primo traverso su roccia sporca (II+ grado) (fig. 22), prestando particolare attenzione al fondo viscido, conduce in uno stretto canale di mobili sfasciumi e, dopo pochi metri, un secondo passaggio su terreno e roccia ancor più sporca e marcia (II grado) permette di superare un piccolo salto (fig. 23). L’ambiente è favoloso: siamo dentro un stretta gola inclinata con impagabile panorama sul Piz Popena.
Usciti dalla stretta gola, si può procedere entrando simpaticamente dentro un cunicolo, cui tetto è un enorme masso incastrato nel canale oppure, in alternativa, scendere sulla sinistra del canale su facili roccette. Ovviamente, noi non potevamo non godere di questi trenta secondi da speleologi durante la nostra esplorazione! (fig. 24 e 25)
Si scende ora per poche decine di metri, fino a che il canale si apre: sulla sinistra, un alto affioramento roccioso, riconoscibile da un masso quadrato incastrato alla sua base (fig. 26); frontalmente, le ghiaie finisco tra baranci oltre i quali s’apre il baratro; a destra, una debole traccia di camosci entra tra i mughi. Si imbocca quest’ultima traccia e si perdono circa 20/30 metri di quota a zig-zag tra il costone di mughi ed il canalino detritico che solca la sinistra del costone (fig. 27 e 28).
Si giunge quindi alla medesima quota dove, a S, un impluvio taglia il costone barancioso. Si supera verso S l’impluvio, badando di traversarlo nella sezione apicale, per evitarne i ripidi margini franosi (fig. 29). Di lì, si continua a traversare le pendici rocciose di Costabella, tenendosi sempre piuttosto in quota per accedere più agevolmente al profondo impluvio di ghiaie che separa le pendici settentrionali del Monte Cristallo dalle pareti della Costabella, fino ad individuare una sorta di “scivolo” ghiaioso che consente di entrare nell’impluvio. È fondamentale individuare questo preciso punto di accesso in quanto il solo che permette di scendere più o meno agevolmente; come si evince dall’immagine di cui all fig. 30, infatti, ogni altra traiettoria comporterebbe una calata lungo ripidi margini rocciosi.
Una volta dentro il profondo impluvio che separa le pendici del Monte Cristallo dalla Costabella, si rimonta il ripido bordo e si individua facilmente il sentiero che conduce ai piedi del salto roccioso che separa la Val Fonda dal circo glaciale del Cristallo. Una capatina alla magica cascatella è d’obbligo (fig. 31 e 32)!
Senza via obbligata, individuando qualche ometto che di volta in volta, sul versante idrografico destro della Val Fonda, indica la traccia, si scende a valle, verso il Ponte della Marogna (fig. 33 e 34), per rimontare poi l’argine artificiale sulla sinistra, in corrispondenza della casetta di legno. Di qui si scende l’argine sulla sinistra, abbandonando la Val Fonda e dirigendosi, su comoda mulattiera, verso Carbonin in mezzo al bosco.
NOTE CONCLUSIVE
L’itinerario è divertente e non presenta particolari difficoltà tecniche, salvo la necessità di allestire una singola sosta per calata di 10 m. Il panorama, per l’intero svolgimento, è mozzafiato: Piz Popena, ghiacciaio del Cristallo e Monte Cristallo sono la cartolina che ci accompagna dalla Forcella del Rauhkofel alla Val Fonda. Unica sorpresa: ad eccezione del filo spinato in Forcella Rauhkofel, non abbiamo rinvenuto alcun reperto bellico. Ciò è davvero singolare, considerate le premesse storiche. Evidentemente, il versante meridionale del Rauhkofel doveva apparire ai soldati italiani veramente inaccessibile, al punto da concentrare tutti i tentavi di conquista sul versante settentrionale. Salvo prova contraria, possiamo quindi fieramente affermare di essere stati i primi, oggi, ad aprire questa nuova traiettoria di discesa!